La commissione agricoltura del Consiglio regionale ha dato il via libera al nuovo testo che permette all’agriturismo di fare ristorazione come qualsiasi trattoria, con un solo obbligo: che vengano serviti pasti fatti con prodotti di origine toscana. Infuriati i ristoratori: "E' concorrenza sleale"
"Stasera ceniamo in fattoria?". Pagando s’intende. Come al ristorante. La novità è questa: le aziende del pianeta agriturismo potranno dare da mangiare ai clienti occasionali, a chi passa, anche se non dorme lì in campagna.
La legge regionale che regola la materia sta cambiando. O meglio: è praticamente cambiata ieri, quando la commissione agricoltura del Consiglio regionale ha dato il via libera al nuovo testo che permette, fra l’altro, all’agriturismo di fare ristorazione come qualsiasi trattoria. Con un solo obbligo: che vengano serviti pasti fatti con prodotti di origine toscana, dando la prevalenza a quelli dell’azienda agricola.
In teoria, si resta dentro la regola anche se, mettiamo, in un agriturismo dell’Abetone si serve pesce di Orbetello, oppure se in provincia di Massa Carrara si mangia polenta amiatina. Di conseguenza, viene cancellata la norma che prevedeva la somministrazione dei pasti solo per gli alloggiati, cioè per chi passava la notte nell’agriturismo, svegliato dal canto del gallo o dal muggito della mucca.
Molto soddisfatta del provvedimento la maggioranza di centrosinistra, come ha sottolineato il presidente della commissione, Aldo Manetti (Rifondazione). E non è contrario il centrodestra che, parole di Piero Pizzi (Fi-Pdl), "ha scelto un’astensione tecnica che potrebbe trasformarsi in voto favorevole durante il dibattito in aula".
Decisamente contrari, e pronti a dar battaglia appunto in vista del voto in aula, sono invece i rappresentanti dei ristoratori. Gianni Masoni di Confesercenti e Stefano Pucci di Confcommercio, in una nota congiunta, affermano che "si configura una vera e propria concorrenza sleale con la rete della ristorazione".Già scagliatisi contro i banchi di ristoro di fiere e sagre, Confesercenti e Confcommercio attaccano la Regione: "Dopo la recente adozione del Codice del commercio, non esiste più alcuna forma di contingentamento e l’apertura di nuovi ristoranti è limitata solo dal rispetto delle regole urbanistiche e igienico-sanitarie. Il settore agrituristico gode già di notevoli privilegi fiscali e contributivi. L’ulteriore deroga squilibra il sistema".
Non basta. i rappresentanti di ristoratori e albergatori vogliono che venga rivista la possibilità, per gli agriturismo, di organizzare veri pacchetti turistici. Guerra aperta, dunque. Ma la nuova legge, che dovrebbe essere approvata definitivamente prima di Natale, offre al mondo della campagna anche la possibilità di avviare un agriturismo (emendamento di Piero Pizzi e Angela Notaro del Pdl) con la sola dichiarazione di inizio attività, definitiva dopo 30 giorni.
Tutto semplificato? Non proprio. Ai legislatori piacciono le articolazioni burocratiche. Così delle autorizzazioni si occuperanno le Province, mentre i controlli saranno affidati ai comuni. Un pezzettino di competenze per uno.
Resta in sospeso la classificazione. Quante spighe? Si aspetta una regola nazionale. Se non dovesse arrivare, la Toscana rimetterà le mani sulla legge nel 2010. Ma intanto la cena (o il pranzo) in fattoria potrebbe aver sostituito la festa fra amici. O perfino l’addio al celibato, rilanciandolo fra odor di stalla e profumo di cantina. Mentre il vecchio oste piange e s’arrabbia con la Regione.
LA NAZIONE
giovedì 3 dicembre 2009
E l’agriturismo diventa una trattoria
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