Appunti di viaggio del sindaco di Monteriggioni Bruno Valentini che ha percorso la Francigena per tutto il tratto toscano partendo da Fornovo di Taro in Emilia
“Non avrei mai immaginato di lasciare l’ostello comunale di Altopascio depositando le chiavi sotto il portone di ingresso del Municipio. Come una volta si faceva nei nostri paesi, lasciando le chiavi sotto la soglia. Ad Altopascio, così come presso i cappuccini di Pontremoli o la parrocchia di Avenza, abbiamo sostato durante l’attraversamento della Toscana in bici, lungo l’itinerario della Francigena”.
Comincia così il “diario di viaggio” lungo la Via Francigena del sindaco di Monteriggioni Bruno Valentini, che ha percorso l'antica strada in bicicletta lungo i sentieri della nostra regione.
“Siamo partiti dall’Appennino emiliano, percorrendo l’antico tracciato pedonale dei pellegrini diretti a Roma, che dopo il valico della Cisa, incontravano la Toscana, sia che venissero dal centro dell’Europa o da Santiago di Compostela. In quattro giorni abbiamo percorso oltre 300 km, incontrando foreste, boschi, prati, guadi, pievi, abbazie, borghi antichi, città d’arte, ma soprattutto persone. Persone che arricchivano il mutare del paesaggio con la diversità delle loro culture, consuetudini, cibi e dialetti. È stato un viaggio che ci ha consentito di vivere la Toscana senza limitarsi a guardarla da dietro i vetri dell’auto o del pullman, osservandola da dentro. Una Toscana minore, che sovente è la Toscana migliore, distante dal clamore della notorietà, densa di autenticità ed ospitalità”.
“Oddio, non tutto è da celebrare. In molti luoghi il ruvido incalzare della modernità ha intaccato pesantemente il tessuto sociale ed ambientale, spargendo oltre misura anonimi manufatti di cemento ed asfalto, demolendo i confini visivi fra città e campagna. Talvolta si passa da una stupenda città d’arte ad un’altra altrettanto mirabile, percorrendo però corridoi stradali dove il panorama circostante è occluso da pareti continue di case a schiera tutte uguali, capannoncini artigianali, snack bar, insegne prepotenti e cartelloni pubblicitari. Ma poi basta una deviazione per ritrovare la campagna toscana, che irrompe con i suoi colori che cambiano ad ogni stagione. I boschi della Cisa, la valle del fiume Magra, i borghi storici ai piedi delle Apuane, il padule di Fucecchio, le colline fra Firenze e Siena, le torri di San Gimignano, il castello di Monteriggioni, l’attraversamento di Siena, la Val d’Orcia. In particolare da Altopascio in giù, è il mio parere, lo spettacolo vale il biglietto”.
“Si avvertono inoltre i primi segni di una microeconomia che in Spagna ha accompagnato e anticipato il boom del Cammino di Santiago. Piccoli ostelli crescono. Ma anche luoghi di ristoro a prezzo accettabile ed attività di turismo ambientale. In giro si vedono importanti restauri architettonici, già completati od in corso, ma anche qualche scivolone come ad esempio l’interramento di un lastricato medievale appena ritrovato sotto il rilevato di una nuova strada, fra Fucecchio e San Miniato. Sull’itinerario abbiamo trovato molte persone, spesso straniere, in cammino col loro fardello, fra le quali molte donne. Animati dal desiderio di conoscenza, di nuove esperienze, di arrivare fino a Roma, o fino a nuove mete interiori o spirituali. La segnaletica sta migliorando, grazie ad alcuni (pochi) Comuni e soprattutto ai (molti) volontari. Molto ha contato anche la spinta impressa dalla Regione Toscana, ma non tutti si sono mossi con la stessa convinzione. Quanto ha fatto, ad esempio, la Provincia di Siena per garantire la sicurezza di chi cammina, ha pochi riscontri. Ancora non è diffusa la consapevolezza della potenzialità della Via Francigena. Ossessionati (comprensibilmente) dalla crisi, si lavora per tamponare piuttosto che per reagire. Si ripropongono modelli di sviluppo costosi e logori. Siamo seduti su una miniera d’oro che non sfruttiamo abbastanza e che può essere sfruttata sole se verrà rispettata nella sua essenza”.
“Chi irride il turismo cosiddetto “povero” della Francigena non sa guardare oltre il proprio naso e non comprende la portata delle ricadute generali. La nostra aspirazione deve essere non tanto di farsi attraversare da una strada ma da una cultura. La cultura dell’accoglienza, della conoscenza, del turismo sostenibile. Mostrando il volto migliore della Toscana. E dell’Italia”.
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