lunedì 6 giugno 2011

Vini dell'Arcipelago toscano alla riscossa

Vino e mare, un connubio che funziona. E le isole toscane piano piano stanno trovando una loro identità. La qualità è cresciuta, i confini del mercato anche. Sebbene al confronto di altre realtà si tratti di piccoli numeri.

"Oltre un secolo fa all'Elba c'erano cinquemila ettari coltivati a vite, oggi sono duecentocinquanta" spiega Marcello Fioretti, presidente del consorzio dei produttori di vini Doc dell'isola. Ma dentro la bottiglia il prodotto è migliorato. Eccome. E non è un caso che da poche settimane all'Elba sia arrivata anche un Docg, quella dell'Aleatico, l'ottava in Toscana.

"Questo è un momento in cui si cercano vini particolari, ben localizzati e poco conosciuti - dice ancora Fioretti - c'è stata una rivalutazione dei vitigni tradizionali e questo ci ha aiutati. Di pari passo, però, è cresciuta anche la qualità". Insomma, il vino sta diventando un motivo in più per fare un giro nell'Arcipelago. Del resto i flussi di turisti aiutano. "Ai tedeschi piacciono soprattutto i nostri rossi e i rosati - racconta Antonio De' Medici, dell'Enoteca della Fortezza - mentre gli italiani preferiscono il bianco".

Ci sono undici Doc all'Elba tra rossi, bianchi, rosati e vini dolci. "Non sono vini aromatici, hanno sapidità e mineralità. Sono facili da bere - dice ancora De' Medici - . Certo va dato atto ai produttori di aver lavorato tanto nelle vigne e di aver investito in tecnologia. I risultati sono incoraggianti". Nella sua enoteca ci sono tutte le etichette che fanno parte del consorzio, in tutto vengono prodotte circa ottocentomila bottiglie all'anno. "L'Elba vive soprattutto di turismo, ma siamo orgogliosi di poter offrire una piccola eccellenza in più", aggiunge Fioretti.

Anche al Giglio fanno il vino. Anzi, per la verità lo hanno sempre fatto, ma per molti anni la produzione è rimasta chiusa dentro i confini dell'isola. Poi è arrivato

Bibi Graetz - era il 2002 - e i suoi bianchi 100% Ansonica hanno fatto da traino all'economia vitivinicola. "Da ragazzo ho passato le mie vacanze al Giglio, poi a diciotto anni ho smesso di andarci - racconta Graetz - . Quando ci sono tornato, dieci anni fa, ho scoperto un terroir pazzesco e ho deciso che dovevo provare a fare il bianco". Il suo Testamatta (rosso, 100% Sangiovese) prodotto a Vincigliata ha fatto il giro del mondo, ora l'obiettivo è fare altrettanto con le uve del Giglio. "Sì, vorrei fare un Testamatta bianco. Un grandissimo vino".

Per ora produce tre etichette (Cicala del Giglio, Gigliese e Bugia) ma il suo entusiasmo ha contagiato altri piccoli produttori che si sono rimessi in discussione: "C'è passione ed entusiasmo, ci sono vigne vecchissime. Ci sono profumi speciali. Si può fare davvero un buon vino".
FONTE: Repubblica.it

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