giovedì 18 marzo 2010

Tesori medievali nel Parco delle colline metallifere

Il Parco Tecnologico e Archeologico delle Colline Metallifere è il fiore di ferro, rame, pirite, lignite e argento all’occhiello della Maremma grossetana. Sette comuni se lo coccolano come un figlio diletto, Follonica, Gavorrano, Massa Marittima, Monterotondo Marittimo, Montieri, Roccastrada, Scarlino. Qui la storia trasuda di fatiche e rovelli. Ogni comune ha la sua Porta, il suo ingresso al Parco, perchè ogni comune ha un proprio romanzo minerario: sgobbare nelle miniere di pirite o sgobbare in una miniera di argento o di rame è sempre sgobbare. Ma il giallo oro del bisolfuro di ferro ha segnato per Gavorrano una destino diverso da quello che rame e argento hanno offerto alla splendida Massa Marittima. Quel gioiello toscano, grazie alla ricchezza partorita dalle sue miniere, ebbe gli artisti che legarono il loro nome alla Cattedrale romanico-gotica di San Cerbone e alla chiesa di San Pietro all’Orto. Mentre Giovanni Pisano lavora in San Cerbone e Ambrogio Lorenzetti dipinge la pala d’altare in San Pietro, nelle miniere colpi di piccone e fiumi di sudore. Gavorrano, in compenso, farà scintille e produrrà acido solforico per tutta l’Europa fino al 1981.

Trentaquattro siti minerari costituiscono il patrimonio storico e industriale del parco. Le Porte introducono in una delle più avvincenti scenografie minerarie d’Europa. Non ci sono nè Biancaneve nè la Fatina dai capelli turchini. Non c’e traccia di Paperino. C’è odore di etrusco. E dopo l’odore di etrusco c’è odore di fulloni. I fulloni non sono parenti degli etruschi, sono i mantici delle fonderie. E l’arte fusoria, fanno notare a Follonica, non ce l’hanno forse insegnata gli etruschi? Questi etruschi non c’è verso di levarseli di torno. Ombre che vagano ovunque. Natura maremmana, colline di riccioli verdi fitti fitti, profumi di alloro, origano e salvia, sfoggio di ginestre, ginepri e cisti attorno a castelli medievali (c’è anche la torre di Pia de’ Tolomei) e resti di miniere spolpate fino all’osso. Nei paesi alti, quieti e severi, altri profumi: tortelli maremmani con spinaci, pappardelle sposate al cinghiale. Se li sognavano i minatori. E bevici sopra il Morellino di Scansano o i vini della Val di Cornia.

C’è un impressionante Parco nel Parco: le inquietanti Biancane, a Monterotondo Marittino. Da rimanerci a bocca aperta se non fosse più consigliabile tenerla chiusa la bocca: per via dei vapori di acido borico che si sprigionano caldi come punch dal sottosuolo e che quei mattacchioni di etruschi asserivano fossero un attentato alla salute dell’ugola. Erano pure otorinolaringoiatri. Ve le raccomandiamo, queste Biancane, in una giornata grigio ferro, un po’ tetra. Andateci da soli in mezzo ai fumi color latte annacquato. Altro che film di Dario Argento. Se alle Biancane domina il color ectoplasma, alle Roste, altro luogo-spettacolo del Parco (località Boccheggiano, sulla strada che da Massa Marittima porta a Siena)domina il rosso Mefistofele. Gli scarti della lavorazione del rame venivano abbandonati lungo il fiume Merse e lì rimanevano in alti cumuli vermigli in attesa che le piogge e i venti li trasformassero in attrazioni minerario-turistiche. Una pioggia oggi e un vento domani, i cumuli, parte dei quali s’inoltrano in un fitto bosco di castagni, si sono trasformati in calanchi e pinnacoli alla simil-Gaudì. Roste dovrebbe significare scorie; o intrico di frasche. Dante propende per le frasche. Diciamo «Scorie tra le frasche» e così siamo a posto.

Gli amanti degli itinerari turistico-culturali avranno qui terra per le loro scarpe. L’Itinerario della Pirite taglia in due tutto il Parco, da Portiglioni, sotto Follonica, a Campiano, sotto Montieri, per incontrare le disseccate miniere oltre che di pirite, di argento e di rame. L’itinerario della lignite lo si incrocia a Massa Marittima ed è, da Montebamboli ad Acquanera un lungo omaggio alla memoria del carbon fossile. L’Itinerario dell’Allume rievoca antichi contropelo col rasoio a mano libera e susseguente uso di emostatici: parte dalla miniera Cavone nei pressi del lago Accesa e si conclude a Monteleo a poca distanza dalle pallide Biancane. Il lago dell’Accesa, semisconosciuto, solitario, 14 ettari di superficie, profondo fino a 70 metri, ripide sponde, appuntamento di farfalle incantate dai fiori di cardo, è un lago di misteri tiepidi, sempre sui 22°,lo abitano il falasco, il giunco e i fantasmi degli etruschi, rieccoli!, che passeggiano sulle sue acque color turchese e verde smeraldo. Nel giorno di Sant’Anna le acque però s’accendono, si tingono di fuoco, è il sangue d’un contadino che vi sprofondò, con i suoi buoi, per aver mancato di rispetto, con favella toscana, nei confronti della santa. In quel giorno, gli etruschi riposano nella vicina zona archeologica a loro dedicata. Sopra e sotto terra, questa Maremma che al posto dei butteri sfornava uomini da miniera mangiatori di acquacotta, racconta se stessa. Il Parco ne ha colto e conservato lo spirito, le voci, i sussurri.
FONTE: La Stampa

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