mercoledì 3 luglio 2013

Le ville della Lucchesia

Lucca è un’altra Toscana. La sua storia testimonia secoli di orgogliosa indipendenza dal potere centrale mediceo e racconta la parabola europea di un piccolo stato repubblicano che dal 1369 e salvo il breve periodo quattrocentesco della signoria di Paolo Guinigi, mantiene istituzioni salde e un’esistenza totalmente autonoma e tranquilla fino al 1805, quando diviene principato napoleonico.
Nel 1556 e poi nel 1628 si verificano due serrate che rimettono il potere dello stato a un’oligarchia patrizia. Sono proprio quelle famiglie aristocratiche a dare l’avvio alla costruzione di straordinarie residenze urbane, fastose di affreschi illusionistici, scaloni e arredi magnifici e a concepire favolose dimore sulle colline, al centro di parchi superbi e fertili coltivi. Il patriziato locale, arricchitosi con la produzione e il commercio del tessile, avvertiva il bisogno di una scena di vasto respiro.

I palazzi si riempiono di dipinti e oggetti d’arte, si impaginano stanze da letto cariche di intagli e dorature. Altro inderogabile must sono le collezioni botaniche, i fiori rari ed esotici. Giardini come favole gentili, ideazioni solenni e sofisticate, grotte abitate da creature mitologiche, ninfei, percorsi acquei e teatri di verzura. Nella seconda metà del Seicento Le Notre, il giardiniere della Versailles di Louis XIV e Filippo Juvarra, saranno chiamati a comporre questo gioco orgoglioso.
Villa Torrigiani a Camugliano rivela nei parterres e negli ampi specchi d’acqua una forte influenza d’Oltralpe. Integri sono lo spettacolare Giardino di Flora, raro esempio di giardino di fiori barocco su livello più basso e il ninfeo o Grotta dei Venti, mentre sul retro si sviluppa un parco romantico.

Nel 1805, secondo il nuovo corso politico impresso dalle armate napoleoniche, si insedia a Lucca in qualità di principessa Elisa Bonaparte con il marito Felice Baiocchi. Elisa inizia un’ambiziosa campagna di trasformazione moderna dei parchi. In epoca neoclassica e poi romantica dunque, in Lucchesia le seduzioni barocche e rococò debbono lasciare il posto al giardino “à l’anglaise”. La camelia nelle sue molteplici varietà, le piante esotiche ad alto fusto che provengono dall’Asia e dal Nuovo Mondo, sconfissero col loro apparente pittoresco disordine naturalistico i ranghi serrati delle siepi di bosso, il capriccioso canone di aiuole e viali, la teatralità sensuale e opulenta, la leibniziana volontà di geometria e di controllo sulla natura espressa dal giardino barocco.
Della sistemazione settecentesca del parco di Villa Mansi a Segromigno, che Juvarra organizzò sull’impianto cinquecentesco, rimane oggi solo la “catena d’acqua” che attraversa il giardino in senso longitudinale, fiancheggiata da sculture e siepi. Il corso acqueo va quindi a sfociare nell’ampio bacino ottagonale che costituiva il fulcro del disegno juvarriano. Ma nulla resta del giardino segreto custodito da mura, destinato ad accoglier fiori superbi in parterres geometrici.

Culmine visivo originario era il “bagno di Diana”, specchio d’acqua con finti ruderi dominato dalla raffigurazione della dea della caccia e di una ninfa del suo seguito intente a nuotare, ora isolato all’interno di un boschetto nato nel quadro della trasformazione ottocentesca all’inglese. All’età romantica risale il bosco fitto di specie esotiche. A occidente si configura una splendida collezione di specie rare di camelia, un vanto della Lucchesia.
Il parco reale della Marlia, che appartiene ai conti Pecci Blunt, è il più importante della zona. La villa fu eretta nel XVI secolo dal casato dei Buonvisi ma nel 1651 passa agli Orsetti che ne modificano l’aspetto in senso barocco. Il giardino barocco abbraccia la residenza con un’armonica concatenazione di spazi articolati, il viale della ragnaia composto di alte siepi di alloro e leccio che inquadrano in fondo l’aggraziata palazzina dell’Orologio, il giardino dei limoni, il ninfeo, la peschiera siglata dalla fontana con la statua di Leda e il cigno, il teatro d’acqua e quello di verzura con le sue statue in terracotta raffiguranti personaggi delle commedia dell’arte.

Elisa Baiocchi acquisendo il possesso della Marlia ai primi dell’Ottocento, armonizzò il segno barocco preesistente con citazioni romantiche, aperture di piani e squarci paesistici, alberi ad alto fusto. E non può mancare un ricco camelieto. Negli anni ’20 il gardener francese Jacques Gréber ha creato per i Pecci Blunt, che nel 1918 succedono ai Borbone come proprietari, un’area giochi con piscina e un giardino formale ispirato ad esempi islamici secondo l’imperante gusto déco. Anna Laetitia Pecci Blunt fece della Marlia uno snodo focale nella social life e nella cultura del Novecento.
Particolarmente interessante è pure Villa Burlamacchi a Gattaiola, per gli interni spalancati da ornati illusionistici ad affresco e tempera settecenteschi, a tema allegorico ed epico. La prima fase di edificazione fu iniziata nel XVI secolo da Nicolao Civitali. Ed è un fuoco d’artificio pittorico barocco quello che esplode negli ambienti della magione. Un apparato cui ai primi del XVIII secolo concorsero pittori locali come Bartolomeo de Santi e Farncesco Antonio Cecchi. La villa è la residenza della scrittrice Francesca Duranti ed è piena di libri e memorie letterarie. Lo sviluppo a terrazze a Villa Buonvisi Oliva a San Pancrazio offre invece un imprinting barocco tuttora perfettamente leggibile, con fontane sontuose- tra cui quella davvero stupefacente detta “della Sirena”-, statue e grotte rustiche avvolte da quinte di lecci, cedri, magnolie, gingko e ippocastani squisitamente ottocenteschi.
FONTE: http://www.firenzemadeintuscany.com

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